Il Superbonus 110% ha visto trasformare le nostre città in immensi cantieri, pronti a ridare lustro alle sue architetture segnate dal tempo e dallo smog, permettendo ai cittadini di dare un ammodernamento alle proprie abitazioni, anche in chiave ecosostenibile.

Da qualche giorno, però, circolano voci allarmanti circa la situazione stagnante dell’agevolazione fiscale dovuta al fatto che le banche non accettano più crediti d’imposta, avendo esaurito la disponibilità finanziaria per compensarli con le proprie imposte. E adesso, cosa succede? Chi ha già avviato i lavori, chi ha già fatto richiesta in che situazione si trova? E chi volesse recedere da un contratto stipulato?

Progetti Immobiliari tenta di fare chiarezza, mentre le notizie ufficiose e ufficiali si accavallano in questi giorni e in queste ore.

Gli istituti di credito

Alcuni istituti bancari, tra cui i colossi come Intesa San Paolo, hanno dichiarato alcuni giorni fa, che non accetteranno più cessioni di credito. Le banche, infatti, usano i crediti di imposta che acquistano per pagare le proprie imposte ed il pareggio tra crediti ed imposte non è al momento più conveniente, ovvero acquisire ‘denaro’ che non possono investire o spendere.

E mentre si attende la conversione in legge del Decreto Aiuti, ci si interroga su quali misure possano arrivare dal Governo e in cosa si tradurebbero in questo ambito.

Soggetti al Superbonus 110%: cosa fare?

E i soggetti che hanno già richiesto i fondi per le ristrutturazioni, chi ha già i lavori avviati, cosa devono fare? Avviare un dialogo con le ditte o con la banca? Appellarsi a qualcuno o aspettare con la speranza che tutto vada per il verso giusto?

Lavori già iniziati

Nel caso di lavori già avviati, con tutte le autorizzazioni ENEA ricevute e un accordo concluso di cessione del credito con una banca, non dovrebbe sorgere alcun problema. Gli istituti di credito già impegnati con contratti di cessione del credito non possono, a rigor di legge, tirarsi indietro senza farsi carico dei danni che causerebbero a imprese e privati a causa di un simile recesso.

Contratto firmato ma in attesa di una risposta dalla banca

Chi ha già stipulato un contratto con l’impresa edile ed è in attesa di una risposta dalla banca per la cessione del credito ha ancora la possibilità di bloccare tutto in attesa delle decisioni del Governo. Inoltre, se il contratto d’appalto dei lavori prevede nelle clausole l’accettazione dei lavori o l’avvio del cantiere solo dopo l’accettazione bancaria della cessione del credito, i lavori non partono e si restituiscono eventuali anticipi o caparre versate in base a quanto precedentemente stabilito dal contratto tra le parti.

Nel caso, però, il contratto non avesse previsto nulla in merito, le parti possono accordarsi ora per rinegoziare le condizioni contrattuali o decidere di risolverlo oppure, ancora, si può giungere ad una sospensione del contratto in attesa di nuovi provvedimenti governativi.

Lavori avviati ma senza concessione del credito bancario

La questione si fa complessa in caso di lavori già iniziati ma ancora privi della concessione del credito bancario. Se l’impresa, infatti, ha anticipato con proprie risorse l’inizio dei lavori ed ora teme di non rientrare nei costi preventivati può decidere di bloccare il cantiere. In tal caso è necessario far riferimento al contratto stipulato e capire cosa prevede in caso di ritardo nei lavori o recesso da parte dell’impresa edilizia. Un contratto previdente avrà di certo richiesto la sottoscrizione, a carico dell’impresa, di una polizza a copertura di danni simili. Sia il cliente che l’appaltatore possono, tuttavia, anche in questa situazione, chiedere la revisione del contratto o la sua risoluzione.  

Lavori finanziati solo in parte

La casistica si amplia anche verso chi ha solo una parte dei lavori finanziata. In questo caso, committente ed impresa possono decidere di eliminare parte dei lavori già deliberati ma non ancora intrapresi e operare di comune accordo su una riduzione contrattuale. Laddove non si trovasse un accordo tra le parti e gli obblighi di una delle due ha assunto carattere molto oneroso a causa di eventi straordinari o imprevedibili, come in simili casi, la parte che deve eseguire i lavori può richiedere la risoluzione del contratto per cosiddetta ‘eccessiva onerosità sopravvenuta’. Naturalmente se i proprietari sono afflitti da impossibilità di onorare le spese e l’impresa non riuscisse a stare nei costi, le parti possono ricorrere ad un giudice. Quando, poi, il cliente riesce a dimostrare di aver subito danno rispetto alle speculazioni sui prezzi avvenute negli ultimi mesi, potrebbe richiedere la ‘riduzione ad equità del contratto’: invece del recesso proporrebbe di riportare il valore economico delle prestazioni contrattuali ad un equo valore di scambio.

Mancanza di requisiti per i benefici fiscali

In caso di rilevamento di assenza di requisiti per l’assegnazione del bonus fiscale, il recupero dell’imposta dovuta e le relative sanzioni sarebbero a carico del contribuente. Ciononostante, lo stesso può ottenere il risarcimento del danno subito chiamando in causa o l’impresa che non ha rispettato le regole basilari o il professionista che ha predisposto l’asseverazione delle opere in modo non conforme alla legge. Appare, invece, improbabile il rischio di incorrere in una qualche sanzione a causa di effetti retroattivi della legge.

Cessione del credito non ottenuta

Chi non fosse riuscito ad ottenere la cessione del credito, in alternativa, può utilizzare la detrazione delle spese fino al 110%, ovvero pagando subito i lavori ma ottenendo una successiva detrazione delle spese pari al 110%, secondo questa suddivisione:

  • Spese sostenute nel 2020 e nel 2021: detrazione da suddividere in 5 rate di pari ammontare, da recuperare nelle 5 dichiarazioni dei redditi presentate a partire dall’anno di esecuzione dei lavori;
  • Spese effettuate dal 2022 in poi: detrazione da ripartire in 4 rate di pari ammontare. Detrazione che si recupera dalla dichiarazione presentata nel 2023 e per i 3 anni successivi. Naturalmente a far fede è il criterio di cassa dei pagamenti, pertanto le spese di considerano sostenute nell’anno in cui sono pagate a prescindere dalle date in fattura.

Una opzione, quella di questo tipo, che rende necessaria una liquidità di denaro cui si può far fronte anche con la richiesta di un prestito o un mutuo di ristrutturazione.

Ultim’ora

Mentre scriviamo, giungono notizie circa il fatto che le opzioni dei crediti edilizi dovrebbero essere potenziate dal Governo – anche per le P.Iva – che ne discuterà in aula il prossimo 4 luglio. Vi aggiorneremo qui sul nostro Blog.

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